EVENTO · Cena di inizio anno

Martedì 10.9.2013 - sera

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    Bartolus Ebanio
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    Bartolus Caradoc Decimo Ebanio era preside di Abaris da lunghi anni. Aveva insegnato a marmaglie indisciplinate di adolescenti egocentrici e supponenti, assunto decine di professori e mandato in pensione gli anziani. Aveva avuto modo di ignorare, dimostrando una tempra mentale quasi sovrannaturale, i vari elementi di disturbo nel corpo studentesco, che di volta in volta facevano di tutto per dimostrare di avere una qualche individualità nel modo più molesto e insensato possibile. Quell'anno non si prospettava diverso dagli altri, e dunque lui lo accoglieva con tediata mal sopportazione e previsioni non tanto ciniche, quanto disilluse, di ciò che gli avrebbe riservato.
    Prima dell'inizio di quella giornata aveva già concluso le formalità (obbligato gli insegnanti più reticenti a presentare uno straccio di programma, organizzato gli orari delle lezioni in modo che la segreteria fosse leggermente meno caotica del solito e sbrigato le pratiche relative a Martinelli), e da quel mattino si era occupato di amministrare e dirigere l'arrivo degli studenti con millimetrica precisione, delegando praticamente ogni azione in modo che i suoi doveri si riassumessero in tre diverse alzate di sopracciglio riuscendo, nel frattempo, a rendere quella giornata a tutti loro tanto sgradevole da vivere quanto lo era stato per lui gestirla.
    Tutto era andato pressappoco come previsto. Per il momento, conclusi (con il solito esagitato ed inutile scompiglio) le assegnazioni del primo anno, i tavoli del Refettorio andavano riempendosi nel modo più rumoroso e indisciplinato possibile.
    Ebanio guardò il disordinato fluire delle teste ed ascoltò il vociare sconnesso e rumoroso con un principio di emicrania che pulsava nel cranio e, se qualcuno avesse fissato abbastanza i suoi occhi, nel fondo del vuoto assoluto avrebbe potuto trovare una scintilla che chiariva come ritenesse cose come il rituale di accoppiamento dei vermicoli molto più esaltante.
    Attese che il 75% degli studenti si fosse reso conto che sì, quello era un refettorio, sì, quei bizzarri oggetti tondi, piani e con tre zampe erano proprio tavoli e no, non si sarebbero potuti sedere in diciotto allo stesso, per quanto potesse apparire terrificante l'idea di separarsi per venti minuti dal resto del gregge, per poi alzarsi in piedi, passando per la sala uno sguardo che avrebbe fatto ammutolire una branco di licantropi durante il plenilunio.
    «Prima di iniziare, alcuni brevi annunci: da quest anno l'ingresso alle rovine interne, ed in particolare alla torre, è precluso agli studenti. Le lezioni avranno inizio alle nove in punto di giovedì, e per allora gli studenti dal quarto anno in su sono pregati di consegnare alla segreteria la lista di corsi facoltativi che intendono seguire, dato che nessun facente parte del corpo docenti ha alcuna aspirazione nel rincorrervi al solo scopo di arricchire la sua classe della vostra presenza. Ricordo inoltre che le gite mensili al villaggio di Sant'Abario sono possibili solo per chi ha compiuto diciassette anni o in possesso di un'autorizzazione scritta di docenti o tutori. Infine, il professor Martinelli ieri è deceduto, dunque per il momento sarò io stesso a tenere le lezioni di Strumenti Magici. » cantilenò l'intero discorso con lo stesso tono incolore, scandito giusto da un lieve arricciamento delle folte sopracciglia sul finale, segno di irritazione per la morte di Martinelli, che non aveva nemmeno avuto la buona creanza di avvisare, prima di farsi esplodere il laboratorio addosso « È tutto » concluse, rimettendosi a sedere e osservando il menù, diviso tra le tagliatelle al cinghiale e gli gnocchetti ai quattro formaggi.
    Sospirò. Perché doveva sempre tutto essere così difficile.

    Of course I have feelings. Boredom is a feeling.



    Potete usare questa role per introdurre i vostri pg. Non c'è un limite di tempo o di interazioni, ma se intendete scrivere un lungo botta e risposta tra due personaggi, dopo i primi post aprite una role a parte col sottotitolo "Cena di inizio anno" e link a questa


    Menu della cena

    Antipasti
    Tagliata di salumi
    Tagliata di formaggi
    Arance condite
    Fritto misto

    Primi:
    Tagliatelle al cinghiale
    Gnocchetti ai quattro formaggi
    Zuppa di porro e patate

    Secondi:
    Arrosto di maiale
    Orata al cartoccio
    Fagottini di ricotta all'erba cipollina

    Contorni:
    Funghi trifolati
    Pomodori e melanzane gratinate
    Patate arrosto
    Misto di verdure saltate
    Insalata di mare

    Dessert:
    Crostata di Mele
    Crema catalana
    Bigné al cioccolato
    Arance condite
    Macedonia di stagione



    Edited by marcie. - 4/9/2016, 01:47
     
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    Laudano Elleboro Vassalli
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    Laudano era una persona easy.
    Era possibile evincere questo dettaglio dal fatto che la sua spina dorsale sembrasse essere sempre lì lì per annunciare una lordosi, dalle mani nelle tasche e dal suo passo molleggiato, come se ogni metro percorso dall'Aula Magna al Refettorio stesse venendo compiuto con un sottofondo corale di figa che sbatti.
    O forse c'entrava qualcosa il fatto che aveva passato il viaggio in traghetto a testare il suo equilibrio in modo alquanto idiota cool, nei corridoi fra le cabine, a sbattere contro le pareti quando la turbolenza s'era fatta molesta, ridacchiando come un coglione. Per i suoi standard, era stato un viaggio, quindi, meno noioso del solito.
    Aveva seguito il marasma di studenti lasciandosi guidare dalla corrente, circa, salutando qualcuno con un cenno del mento obbligatorio prima di defilarsi presso qualche altro mucchio, volendo rimandare le interazioni sociali a quando si sarebbe sentito un po' meno in botta - e, soprattutto, a quando si fosse circa abituato all'idea che sarebbe dovuto restare in quella scuola per due semestri.
    Persone.
    Persone ovunque.
    Spuntavano dalle fottute pareti.
    Non è che fosse per definizione proprio un solitario, ma dopo le vacanze era necessaria quella tiritera di cos'hai fatto di bello durante l'estate. Davvero troppe parole, servivano, per quella merda, e non con tutti poteva svicolare con un sushi e coca limitandosi a condividere una risata o godere di una faccia perplessa.
    Cazzogliene di che aveva fatto lui, poi. Non è che morisse in generale dalla voglia di raccontare come lui e il Malaspina s'erano cagati in un locale dopo che avevano fatto scoppiare i vetri della depandance perché quel pirla aveva voluto per forza accendersi una canna con la bacchetta.
    A proposito.
    Lo cercò con lo sguardo, riconoscendo presto il suo testone che svettava sopra la gente, e nello specifico, tra un gruppetto di minorenni di sesso probabilmente femminile (figa, mica gli interessavano le minorenni). Va', il fanclub.
    Lo raggiunse in tranquillità mentre Ebanio faceva il suo discorsetto, recependo da esso solo l'iniziale divieto per ragioni puramente utilitaristiche - che naturalmente avevano tutto a che fare col chiedersi perché mai si dovesse star lontani dall'ala in rovina e poi perché mai dovesse obbedire.
    « Figa bro, cazzo eri? Ho visto Ziffler, disciules ».
    Neanche un saluto - s'erano già visti al porto, del resto - ma quelle poche parole rendevano chiaro che s'era già fatto un programma per il pranzo e che questo comprendeva sia il sottone lì presente che il loro Rappresentante preferito.
    Forse quell'anno sarebbe cominciato piuttosto bene.
    FORTEFUOCO - VIIIschedaagenda
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    Edited by · sammael - 15/4/2016, 01:49
     
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    Laudano, sei un piccolo birbone fortunato, o almeno così pare! Mentre cammini per la sala, infatti, il tuo piede urta qualcosa. Abbassando lo sguardo vedi quello che sembra essere un piccolo pacchetto regalo rosa. Puoi decidere di prenderlo o lasciarlo lì, ma se tenterai di aprirlo noterai che è piuttosto difficile. Nessun incantesimo di apertura o rivelazione sembrerà funzionare. Cosa conterrà il pacchetto misterioso?


    Edited by marcie. - 25/6/2016, 17:58
     
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    Ortica Vassalli
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    Quella giornata aveva fatto schifo. Schifo nella maniera più assoluta. Per qualche inspiegabile ragione il traghetto aveva deciso di darsi alle danze folkloristiche, e i suoi movimenti avevano provocato uno tsunami di mal di mare nel corpo studentesco. Mentre i più grandi monopolizzavano prepotentemente i bagni, Ortica, fedele al suo nome, passava tutte le tonalità del verde barricando la cabina di cui aveva preso possesso. Un paio di volte qualcuno aveva provato ad entrare, ma non aveva fatto in tempo a infilare il naso che si era trovato ad affrontare una banshee dalla pessima cera, e così ogni possibilità di socializzazione era andata a farsi benedire. Non che le interessasse, ovvio! Certo, le condizioni meterologiche le avevano reso impossibile svagarsi leggendo, studiando o facendo qualunque altra cosa non fosse fissare i sedili di fronte come se avessero trucidato tutta la sua famiglia, ma l'idea di reggere una conversazione con qualche sconosciuto le faceva immediatamente raddoppiare la nausea. Aggrappandosi ai braccioli come un'eroina tragica sulla balaustra di un naviglio in tempesta, Ortica era sopravvissuta al viaggio, anche se, per quando era scesa, aveva dimenticato come aprire la bocca, i suoi occhi erano rossi e sporgenti come quelli di un'avvoltoio e aveva l'aria di uno di quegli spiriti che non riposano da duemila anni e bramano solo di abbeverarsi con sangue di vergine. L'ultima parte non era proprio esatta (vergine o non vergine avrebbe sgozzato chiunque si fosse frapposto tra lei e dei sanitari), ma per il resto si trattava di una rappresentazione esatta, e forse fu per questo che riuscì abilmente ad evitare di aprire la bocca fino a che non si fu arrampicata per le scalinate, non fu entrata nel Monastero, non ebbe trovato i bagni femminili e non si fu data ad una calda love session con il cesso del cubicolo numero otto. Fu una passione bruciante, e come tale, una volta consumata, la lasciò distrutta ed esausta, tanto che chiese asilo al gabinetto fino alla fine delle Assegnazioni. Dopo quasi un'ora, comunque, il suo stomaco sembrò ritrovare una dimensione diversa da quella di un calzino strizzato, il che la portò ad alzarsi, estrarre lo spazzolino dalla valigia, darsi una rinfrescata e, infine, unirsi alla folla di ritorno dalla Sala Maggiore. Con un po' di fortuna nessuno si sarebbe accorto della sua assenza. Con molta fortuna non avrebbe scoperto improvvise macchie di vomito sulle scarpe una volta sotto le luci del Refettorio. Con una sfortuna sfacciata, invece, avrebbe trovato un tavolino tristo, solitario e dimenticato in un angolo muffoso in cui (non) consumare la cena in Santa pace.
    ARIAFINA - V ANNOschedaagenda
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    Damiano Malaspina
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    Damiano era stato felice di come una Pasqua di salire sul traghetto: tornare ad Abaris significava levarsi Romano dai coglioni per mesi (sentendo solo qualche strillettera ogni tanto) e altre cose carine tipo rivedere gli amici, riprendere a giocare a Quidditch seriamente, lottare contro il Sistema eccetera.
    Non soffrendo di mal d'aria si era aspettato di non soffrire neanche di mal di mare per qualche strano transfer, invece gli ondeggiamenti macarenici dell'imbarcazione gli avevano regalato nausea e un colorito più verdognolo del solito, nonostante avesse cercato di far finta di nulla ridendo quando Vassalli sbatteva contro le cose - per poi sbatterci a sua volta e rischiare di sbrattargli sulle scarpe.
    Ma era un ragazzotto forte e sano Damiano, intrepido ed energico, quindi una volta sceso aveva fumato sopra la nausa e detto a se stesso che stava da dio, procedendo a salutare i vari visi conosciuti.
    Era in Sala Maggiore a raccontare la divertentissima storia di come i vetri della dependance di Vassalli fossero esplosi inspiegabilmente ad un gruppetto del quinto anno, quando il Preside iniziò a fare un discorso che Damiano ascoltò giusto perchè staccarsi le orecchie sembrava faticoso (e anche un po' doloroso).
    Inutile dire che la sua prima reazione fu appuntarsi in un angolo del cervello che doveva troppo visitare le rovine interne ed in particolare la torre.
    Probabilmente se Ebanio avesse consigliato a tutti di farci un giro Damiano non ci avrebbe messo piede neanche morto ma, insomma, la sua era una voglia totalmente non condizionata dai divieti imposti dalle istituzioni corrotte.
    Nella folla individuò Vassalli, giusto in tempo per comunicargli la sua imprevedibile idea di fare esattamente il contrario di ciò che Ebanio aveva detto, ed alzò una mano per farsi vedere meglio.
    « Man » lo appellò a mò di saluto mentre gli batteva il pugno « Tranquillo, mica scappa. »
    Si distrasse subito, perchè alle spalle di Laudano vide emergere dalla folla una Vassalli più bassa, più smunta e decisamente più in sbattimento di quello che gli stava davanti.
    «Non è tua cugina quella? » la indicò vagamente con la testa, battendo mollemente la spalla dell'altro per sottolineare la cosa, nella speciale virtù di Damiano consistente nel non saper rispettare lo spazio personale altrui « Chiamala un po'»
    Fortefuoco - VIIIschedaagenda
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    Laudano Elleboro Vassalli VdDoPd4
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    Se Laudano fosse stato un po' più incline ad incarnare lo stereotipo del milanese imbruttito, di certo a quel 'tranquillo' avrebbe risposto 'Tranquillo un cazzo', ma dato che in ogni caso lui tranquillo lo era sul serio e che il suo tono morto come il contenuto delle mutande di Ebanio lo dimostrava a dovere, si limitò ad una not bad mentre ricambiava il saluto del Malaspina, lanciando un'occhiata sommaria al gruppetto che l'accerchiava.
    Non fosse stato che trovava incredibilmente divertente passare ad alcune di loro informazioni volutamente assurde sul conto del compagno di dormitorio - tipo che covava una segreta passione per l'odore di lillà, cosa che al loro sesto anno aveva prodotto effluvi disturbanti ma dal tempismo assassino nei corridoi al loro passaggio - non ritenne opportuno chiedergli se si sentisse meglio dal viaggio in traghetto.
    Insomma, non aveva mica bisogno della presenza di chicchessia per sfotterlo. Era una cosa soddisfacente di per sé. C'era tempo e dovevano ancora accaparrarsi un posto al tavolo di Ziffler per il pranzo (data la sua invece totale assenza di nausea, a dispetto delle sue scarse doti in sella alla scopa, aveva piuttosto fame).
    Chiamala un po'.
    « Chiamala tu » rispose, abbassando lo sguardo sui propri piedi quando si rese conto che aveva urtato qualcosa dal colore sgargiante che se ne stava sul pavimento. Nell'atonalità annoiata delle sue parole, solo un esperto avrebbe potuto riconoscere la punta di ripicca dovuta a quella spallata. « Quella sì che scappa » aggiunse, con un sorriso privato, mentre chinava il suo metro e novanta a raccogliere il pacchettino.
    Senza fare una piega né tentare di aprirlo, lo ficcò in tasca con disinvoltura, quasi gli fosse caduto di lì, per poi voltarsi nella direzione verso la quale gli occhi a palla del Malaspina puntavano e, quindi, in quella dove doveva trovarsi la cugina.
    La individuò con qualche difficoltà nella traiettoria, dato il delirio, e probabilmente solo grazie all'aura di misantropia e anatemi che emanava la sua figura.
    Cresceva così bene, che quasi sorrise con tenerezza (quasi, Laudano non aveva espressioni facciali se non per il Berti, anche se non si era mai dato la pena di capire se questi si rendesse o no conto che si trattava di una pantomima sfottò lunga un lustro).
    FORTEFUOCO - VIIIschedaagenda
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    Edited by · sammael - 15/4/2016, 01:50
     
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    Stefano Ziffler
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    Stefano Ziffler non soffriva il mal di mare.
    Questo era stato quello che si era ripetuto per tutto il viaggio, mentre, chiuso in una cabina che aveva assediato per se stesso, se n'era stato seduto, a bere infuso di basilico per la nausea e ad annusare essenza di lavanda per calmarsi. I rimedi avevano funzionato, nel senso che non aveva vomitato ed era riuscito a distrarsi nella lettura (Una stanza pulita è una stanza amica), ma il suo malumore si era accentuato, complice l'orda di ragazzini del primo anno che pensavano che bussare a tutte le cabine, per poi scappare via, fosse una buona idea. E no, non lo era - ma lo avrebbero imparato presto, perché quell'anno lui, Stefano Ziffler, era riuscito nell'impresa di farsi nominare Rappresentante dai professori. Si sentiva così speciale da essere quasi sorpreso non gli fosse cresciuta un'areola in testa.
    Ovviamente, riteneva non ci fosse nessun altro al di fuori di lui in grado di poter esercitare quel ruolo con la medesima abilità, e di sicuro in pochi avrebbero avuto la sua stessa dedizione. Una volta attraccati, si diede immediatamente il compito di supervisionare tutto il supervisionabile (come se qualcuno gliel'avesse chiesto), deciso a rendere consona la visione della scuola a qualsiasi professore, studente e acaro della polvere (che presto avrebbe eliminato). Si era infatti piazzato a lato della Sala Maggiore, per controllare da una posizione privilegiata le Assegnazioni del primo anno, prestando la massima attenzione affinché tutta quella mandria di bambini piagnucolanti fosse vestita a dovere, sistemando cravattini con la stessa foga con cui un torturatore avrebbe agitato la frusta. Se avessero osato fargli fare una brutta figura con Ebanio, poco ma sicuro, li avrebbe strozzati con tanta ira da far uscire fuori i loro cervelli come pus di brufoli schiacciati.
    Ovviamente era deciso a dare il meglio di sé anche alla Cena di Inizio Anno, nonostante non fosse concordo con la struttura dell'evento, dato che se fosse stato per lui i posti ai tavoli sarebbero stati assegnati e numerati (certo che come organizzatore di matrimoni, Stefano andrebbe come una favola). Arrivò comunque alla Cena in anticipo, dopo aver guidato e spiegato come organizzarsi ai nuovi Ariafina, distribuendo perle di saggezza sul genere 'tranquilli, una media di quindici ore al giorno di studio e non avrete problemi' e 'chi vi ha detto che le notti sono fatte per dormire, mentiva'. L'importante, comunque, era che andassero meglio dei Fortefuoco, perché Stefano è un ragazzo maturo e soprattutto per niente competitivo.
    Comunque, perfettamente sistemato, ordinato, lucidato e vestito, si stagliava nella Sala Maggiore come un suricate, pronto ad intervenire al primo accenno di disordine. Fu a quel punto che la sua attenzione venne attirata da qualcosa.
    Con un po' di fortuna nessuno si sarebbe accorto dell'assenza di Ortica alle Assegnazioni del primo anno, ma per sfortuna, il Rappresentante di quell'anno era Stefano Ziffler (nel caso in cui ancora non l'aveste capito).
    Si diresse verso di lei a passo di marcia, fulminando con occhiatacce chiunque osasse avere espressioni troppo amichevoli per la serietà del momento (il discorso del Preside Ebanio). Una volta che le fu vicino, il suo sguardo venne immediatamente catalizzato dalle scarpe della ragazza, e da quelle che sembravano macchie di orrore e raccapriccio.
    « Tergeo » disse, estraendo la bacchetta e puntandola contro le scarpe, per darle una sistemata. Il suo sguardo tornò poi fisso sulla ragazza, per farsi dare spiegazioni. « Dov'eri durante la cerimonia delle Assegnazioni del primo anno? » le chiese dunque, dato che non era stata vista da nessuno e dato che era un'Ariafina, e comunque se Stefano aveva un raccoglitore con sopra nome e foto di tutti gli studenti della scuola, continuamente aggiornato, c'era un motivo.
    Il discorso del Preside Ebanio gli parve importante come l'avvento dell'angelo che fermò la mano di Abramo, e il suo sguardo era colmo di ammirazione. Un giorno, anche lui avrebbe imparato ad avere la voce così tonante. Un giorno, anche lui avrebbe imparato a gelare cuori con la potenza di un solo sguardo. Un giorno, anche lui...
    Infine, il professor Martinelli ieri è deceduto, dunque per il momento sarò io stesso a tenere le lezioni di Strumenti Magici.
    Stefano spalancò gli occhi.
    Non era seriamente possibile che il Preside Ebanio, nient'altro che il Preside Ebanio, decidesse di tenere praticamente l'unico corso, fra le miriadi, che Stefano non frequentava.
    Non era seriamente possibile.
    Ariafina - VIII schedaagenda
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    Ortica Vassalli
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    Mai una gioia. Da qualche parte, probabilmente in giro per i corridoi, aveva sentito passare quest'espressione, e ora, all'improvviso, le investì la mente come un treno merci sparato a centinaia di chilometri orari su una linea ferroviaria. Questo perché:
    a) Aveva individuato il duo faina a poca distanza da lei, che occhieggiava nella sua direzione, e lo sforzo di tenere lo sguardo puntato altrove la stava facendo sudare freddo
    b) Ebanio aveva parlato di divieti, e quindi qualche deficiente si sarebbe fatto spaccare la testa da un masso pericolante durante un'improbabile scalata notturna
    c) Ziffler
    Ora, in realtà Ortica non aveva proprio nulla contro Ziffler, anzi, in un qualche modo distorto trovava simpatiche le sue nevrosi, forse perché raramente erano rivolte contro di lei. In quel momento, però, tra le cose che avrebbe preferito a una conversazione con lui c'erano docce di pece bollente, cinque ore di lezione con Adami e un trattamento esfoliante con i fichi d'india.
    Quando lo vide avvicinarsi con quel cipiglio meditò la fuga, ma poi pensò che probabilmente gli strilli che ne sarebbero seguiti avrebbero rivolto su di loro l'attenzione di tutto il refettorio, quindi rimase ferma, attendendo che si fosse avvicinato e avesse fatto sfoggio delle sue incredibili doti da casalingo.
    «Grazie», disse, prima di tutto, perché girare con le scarpe lorde non era una cosa che la rendesse fiera, e Gherta le aveva inculcato l'educazione a suon di Incanti Scossa. Poi, però, la sua bocca si strinse fino a diventare una linea pallida che la fece somigliare a una lucertola.
    «Secondo te? » domandò, sarcastica, facendo cenno alle scarpe appena pulite, ma poi espirò, rilassò appena le spalle e decise che imbarcarsi in una discussione non aveva senso
    «Mi sono sentita poco bene sul traghetto, quindi sono andata nei bagni. Femminili. Del secondo piano.» Specificò, prima che le chiedesse "quali bagni". Poi, visto che praticamente erano rimasti in piedi solo loro, si strinse di nuovo nelle spalle e occhieggiò ad un tavolo vuoto. Se avesse detto "sediamoci" avrebbe capito "sediamoci insieme"? No, vero?
    ARIAFINA - V ANNOschedaagenda
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    Stefano Ziffler
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    Stefano ripose la bacchetta al sicuro sotto le vesti, osservando Ortica dapprima con un cipiglio più corrucciato - perché se le aveva chiesto dove si trovava significava che non lo sapeva, e quindi non c'era motivo di fare la spiritosa - e poi più disteso, quasi con comprensione. Dopotutto, la nave ondeggiava in modo davvero terribile.
    « D'accordo, la prossima volta chiedi ad una tua compagna di avvisarmi - avrei contattato subito l'Infermeria, sono sicuro che sarebbero stati in grado di somministrarti un aiuto, così non ti saresti persa l'Assegnazione » disse, perché possiamo immaginare di dover porre rimedio al dolore di Ortica derivante dal non poter assistere a quella sfilata di undicenni nervosi. « Altrimenti, durante il viaggio prova a portare con te dell'infuso di basilico ed essenza di lavanda, fanno miracoli » aggiunse, dato che erano i rimedi che lui stesso aveva usato, soffrendo del medesimo problema (seppur in forma leggera). Comunque fosse, la cera della ragazza reggeva la scusa, e quindi decise di crederle - solo, non voleva accadesse nuovamente un fatto simile, dato che pretendeva che tutti gli Ariafina assistessero a tutti gli eventi richiesti, dato che dovevano distinguersi da quelle orde di maiali che erano gli studenti delle altre Classi (tranne due o tre).
    Inoltre, non aveva abbastanza forze per gridare: Ebanio lo aveva appena informato di una catastrofe e si sentiva intontito e confuso, come se lo avessero appena Schiantato contro il muro più vicino. Strumenti Magici, di per sé, non era una materia che lo interessava - Gemmologia e Talismaneria le seguiva dietro richiesta dei suoi genitori - ma, adesso, avrebbe insegnato Ebanio. EBANIO. Avrebbe potuto parlargli, prestargli una penna e rispondere impeccabilmente alle sue domande e mostrarsi splendido e splendente anche più del solito - solo non aveva messo Strumenti nel programma. Ed essendo all'VIII anno, non poteva certo chiedere di seguirla dopo otto anni di nulla. Voleva uccidersi.
    Affranto, si guardò intorno, cercando un tavolo solitario dal quale poter controllare che tutto andasse perfettamente, e al quale sedere da solo. Ma non ce n'erano: era arrivato in anticipo, ma nel raggiungere Ortica aveva perso tempo prezioso, ed erano tutti occupati.
    Si avvicinò quindi alla prima sedia disponibile, facendola sua, maledicendo Martinelli e la sua scomoda morte.
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    Ortica Vassalli
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    A modo suo Ziffler poteva anche essere simpatico, se diluito nel tempo e non affrontato dopo una lunga sessione di vomito solitario. Per esempio l'idea dell'infuso non era male, anche se visto il suo stato sul traghetto probabilmente non avrebbe neanche fatto in tempo ad ingerirlo.
    « Ci rifletterò » rispose, con il solito tono da ghiacciaio, sempre occhieggiando al tavolo in questione, ignara del maremoto emozionale che stava investendo il compagno. Alla fine, comunque, sperando di non sottintendere un invito, si decise a muoversi, avvicinandosi all'unico tavolo libero nelle vicinanze, con passo rigido, per poi scostare una sedia e sedersi. Fu solo quando ebbe alzato lo sguardo che notò come Ziffler avesse avuto la stessa idea. Meraviglioso. Adesso come faceva ad allontanarsi senza farlo sembrare strano? "Ehy, scusa, guarda, in realtà l'idea di mangiare con te mi fa salire tutto un nuovo tipo di nausea, quindi... ciao..."? No, non sembrava un'opzione. E se lui avesse pensato che si fosse seduta lì volontariamente? Che stesse cercando la sua compagnia?
    La mente ansiosa di Ortica iniziò a lavorare a pieno regime, immaginando tsunami di equivoci e fraintendimenti che terminavano in omicidi o matrimoni combinati. In tutto questo aveva afferrato il menu e lo stava stringendo tra le mani, muta, fissando Ziffler con uno sguardo astioso e oltraggiato che era tutto un programma.
    ARIAFINA - V ANNOschedaagenda
    State zitti


    Edited by marcie. - 12/4/2016, 20:39
     
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    Tiziano Ravenna
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    Ah, Abaris! Quanto gli era mancato quel vecchio volpone rudere! Quanto gli era mancato doversi costringere in un completo che sprizzava depressione e sentenza di morte anche dal bucio del culo! Quanto la faccia molle di Ebanio aveva infestato i suoi sogni bagnati in quei tre mesi dove la sua più grande preoccupazione era stata che la palette del tizio a caso si abbinasse a quella dei suoi boxer!
    Per. Niente.
    Cioè, in realtà non è che non ci avesse provato, a restarsene vestito con il suo croptop durante le Assegnazioni dei primini, ma per amor del vero non aveva fatto in tempo nemmeno a mettere piede sulla terraferma, dopo quel viaggio squassabudella in traghetto, che non Ebanio, bensì un non identificato Rappresentante - o almeno così aveva pensato, visto che non incontravano i professori se non nel Monastero - gli aveva mandato in fumo i piani.
    Non la maglietta, o forse per una volta Tiziano avrebbe rinunciato alla sua codardia non violenza (fisica, perché con quella verbale aveva fatto piangere un bambino di seconda) (e se n'era vantato una cifra).
    In ogni caso, s'era cambiato, alla fine, anche se non come avrebbe dovuto e, all'interno del perimetro nel quale gli era consentito effettuare magie, aveva Incantato i propri jeans emostatici e la sua camicia da delirio impressionista affinché assumessero l'aspetto di quegli abiti da pompe funebri che si ostinavano a chiamare divisa.
    Per il resto, non c'era stato molto da aggiungere al ritrovarsi dopo l'estate: aveva urlato un po' salutando qualcuno con sentimento, aveva ricordato la forma del culo di Malaspina con un'occhiata lunga mezza Assegnazione e infine aveva incrociato Berti mentre tutti si dirigevano nel Refettorio per il pranzo.
    Appunto, nell'entrare, la sua bella voce roca era intentissima ad intonare con modalità da osteria una canzone che aveva imparato una sera a Siena quando una sua fiamma passeggera se l'era portato dietro al compleanno di un'amica, a braccetto col suddetto.
    « Filusè, so' le tre, io sto sempre accanto a - » inciampò (per davvero, non si trattava assolutamente di una scusa per finire addosso a Berti) (malpensanti che non siete altro) (vergognatevi) su, probabilmente, i piedi di qualche nano di prima, ma recuperò l'equilibrio subito grazie a quelli che erano anni di allenamento su tacchi e sanpietrini.
    « EBANIOMMERDA » urlò, a caso, mentre questi andava a posare il culone (non che gliel'avesse mai guardato, e comunque poteva permettersi di insultare il culo di chiunque dacché il suo aveva vinto numerosi shot di tequila al Coming Out) al tavolo degli insegnanti, e poi trascinò Berti nella calca di studenti per disperdere in fretta le tracce.
    Non aveva sentito una sola parola del suo discorso, comunque. Aveva cantato forte apposta.
    Per quelli che l'avevano sentito, comunque, il pensiero poteva essere solo uno: l'appropinquarsi quattamente alla maggiore età non lo stava cambiando di una virgola.
    Al massimo, si poteva dire che la carica estiva non ancora esauritasi l'avesse peggiorato.
    TERRABRUNA? - VIschedaagenda
    voglio un pensiero superficiale che renda la pelle splendida
     
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    Damiano Malaspina
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    Fece una smorfia a metà tra il 'sks' e il 'allora crepa' a Laudano, quando questo rifiutò di fare qualcosa di perfettamente logico come chiamare Ortica.
    Lui che era suo cugino.
    Poteva chiamarla. Era una richiesta con un senso.
    Mica era la sua, di cugina.
    Stronzaggine di Vassalli a parte, il vociare della sala stava mutando dalla tonalità scimmiesca al brusio pervasivo di chi sta scegliendo cosa mangiare, infatti erano ormai quasi tutti seduti e col naso chino sul menù.
    Accontonò l'idea di andare a salutare il Berti, apparso con un tizio del sesto variopinto e casinista (e perfettamente in tinta col Berti, quindi ) ( Era stato lui a urlare 'EBANIOMMERDA'? Gli piaceva. ) perchè in fondo aveva fame ed era sicuro che tanto presto o tardi sarebbe lui stesso comparso alle sue spalle.
    Quindi si guardò intorno, individuando un tavolo occupato da una peculiare coppia, e fece cenno a Laudano di dirigersi proprio lì, dato che di scelta non ne rimaneva molta.
    Per altro cenare con Ziffler sarebbe stato divertente, dato che a quest'ultimo avrebbe dato fastidio la loro presenza.
    Afferrò quindi una sedia, spostandola in mezzo ad Ortica e Ziffler nonostante non ci fosse spazio a sufficienza per farlo e nonostante ce ne fosse parecchio ai lati, finendo per spintonarli entrambi per incastrarcela.
    « Buonasera! » vociò con tono allegro, rivolgendo un sorriso pruriginosamente affabile a Stefano e un'alzata di sopracciglia eloquente, affibbiandogli persino un giocoso pugno sulla spalla che forse fu un po' troppo energico.
    « Ortica » proseguì nella caricatura di un saluto formale, mentre s'allargava fastidiosamente per appoggiare i gomiti sul tavolo e prendere il menù,
    « Stai.. » le fissò la faccia, interrompendosi, perchè era simile a quella di qualcuno a cui avevano appena fatto l'incanto Mangialumache
    «...benissimo »
    Concluse la frase con l'espressione allegra che era divenuta interdetta, un punto di domanda confuso che si espresse nelle sopracciglia corrugate e in come si schiarì la gola quando iniziò a guardare il menù.
    Lasciamo stare.
    Tagliatelle al cinghiale e gnocchetti ai quattro formaggi, eh?
    Fortefuoco - VIIIschedaagenda
    Il futuro lo avete inventato voi


    Edited by horror vacui. - 11/4/2016, 03:01
     
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    Laudano Elleboro Vassalli VdDoPd4
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    Fece una faccia impassibile quando il Malaspina gli rivolse una smorfia, inarcando appena un po' un sopracciglio, nel solito gioco del 'cazzovuoi' ogni qualvolta gli faceva un dispetto. Con i capelli appena riavviati da un colpo di mano (e, soprattutto, la bocca chiusa) la sua serietà emanava più ombrosa bellezza di quanto gli facesse piacere rendersi conto.
    Fortuna che era destinata a durare da lì a un mezzo sorriso da faina, mentre annuiva leggermente al cenno del Damiano, seguendolo in direzione del tavolo con la solita calma, motivo per il quale raggiunse il posto in leggero ritardo e fece decisamente meno rumore quando si sedette accanto a Ziffler.
    Per un momento, solo uno, un aborto di empatia gli incrinò la bocca, quando sentì il tonfo del colpo sulla spalla, ma poi si espresse con un sorriso fermo e gli occhi che scintillavano in direzione del Rappresentante.
    « Ti trovo bene, Stefano ».
    Niente da dire, sembrava lo stesse avvisando che gli avrebbe cementato i piedi e l'avrebbe lanciato nel Lago Salato, restando a guardarlo mentre brasava. Cioè, insomma, il corrispettivo scolastico della cosa: gli avrebbe dato fuoco alle mutande nel cassetto non appena Irvin gli avesse rimediato un paio di spille di Ariafina.
    Rivolse poi la sua attenzione allo spettacolo della faccia del Damiano che si aggiustava sul rimorso, roteò leggermente le orbite e poi posò lo sguardo sul pessimo colorito della cugina.
    « Ortica » salutò, mentre si toglieva di tasca il pacchettino e lo poggiava sul tavolo, accanto al bicchiere, e poi si appropriava del menù, ordinando senza pensarci troppo le tagliatelle e le verdure saltate.
    Poi, come faceva sempre in qualsiasi interazione a più di due partecipanti lui compreso, si ritirò in un silenzio placido, osservando i presenti. Figa che storia, sembrava una barzelletta.
    FORTEFUOCO - VIIIschedaagenda
    k e e p c a l m & f o t t e s e g a


    Edited by · sammael - 15/4/2016, 01:51
     
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    Stefano Ziffler
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    Stefano alzò lo sguardo, ed incrociò quello di Ortica.
    Oh, no. Questo significava che avrebbe dovuto mangiare con lei? Non aveva nulla di specifico contro la ragazza - nel senso che non rompeva particolarmente le scatole, e quindi si era guadagnata il privilegio di poter esistere davanti ai suoi occhi - ma non la conosceva molto bene, e quindi non aveva voglia di stare con lei. Le cene in gruppo gli apparivano sempre di più paragonabili a delle tragedie.
    Aggrottò le sopracciglia. Non riusciva a capire perché poi Ortica si fosse seduta al suo stesso tavolo - Stefano avrebbe dovuto fare conversazione? Non voleva fare conversazione. Sperava davvero di non dover fare conversazione con lei, perché non voleva.
    Girò la testa, facendo per guardarsi intorno - nella speranza di individuare Alga, o anche il Berti, se proprio la situazione fosse stata mortale, e chiedere di essere salvato. Invece incrociò Damiano e Laudano, che sembravano dirigersi verso di lui.
    Oh, no, parte seconda. Dopotutto, definirli insopportabili sarebbe stato un complimento (specie Damiano, perché se lo avesse visto mangiare un'altra volta con i gomiti sul tavolo, avrebbe pianto).
    Per alcuni istanti sperò si trattasse di una coincidenza - magari stavano guardando lui perché durante le vacanze erano diventati entrambi strabici (gli sarebbe stato bene) - ma quando Damiano si inserì tra lui e Ortica con la stessa grazia (si sarebbe aspettato anche la stessa bava) di un labrador, Stefano non ebbe più dubbi. Il nuovo anno iniziava penosamente, e Stefano rivolse a Damiano uno sguardo disgustato, come se avesse preferito un clistere di proporzioni bibliche su per il culo rispetto alla sua compagnia. Il pugno che si abbatté sulla sua spalla in qualche modo era stato calcolato - ed era comunque meglio di avere la testa sotto il braccio dell'altro, come per ricevere un nocchino, ed essere penosamente vicino alle altrui ascelle (altro saluto abituale). Bisognava pensare positivo, in qualche modo.
    Che poi, a lui il duo non stava simpatico e ai due non stava simpatico lui. Non riusciva a capire, dunque, perché cercassero la sua compagnia, e perché si muovessero sempre insieme come due colombelle. Mistero.
    Si fa quel che si può rispose, alzando le spalle, dato che vederlo bene doveva essere una bugia (Stefano aveva passato praticamente tutta la notte in bianco, in tensione per il viaggio del giorno dopo). Non chiese come stessero i presenti dato che convenevoli lo innervosivano, quando era con persone con cui non era in buoni rapporti. E si sentiva già abbastanza nervoso per aver visto il suo spazio vitale invaso a quel modo. Comunque aveva notato la fissità nello sguardo di Laudano, che di per sé gli era parsa strana (insomma, si stava sincerando del suo stato di salute), e (dando per scontato che a Laudano non fosse venuto un ictus, nel corso dell'estate), gli venne il sospetto qualcosa su una guancia e si passò una mano sopra per sincerarsene. Ma, a quanto pareva, no. Boh.
    Intanto, una nuova tragedia si profilava all'orizzonte: Stefano odiava mangiare davanti alle persone con cui non era in confidenza, perché si sentiva sempre osservato. Ora, possiamo dare per assunto che non gliene fregasse niente al resto del mondo di vederlo nel durante, e bene o male aveva levigato via via questo suo fastidio, perché altrimenti sopravvivere all'interno di Abaris sarebbe stato impossibile. Una parte di sé, però, continuava a voler rimanere lì a braccia conserte, senza ordinare niente, fissando gli altri commensali finché non se ne fossero andati e poi, d solo, finalmente mangiare (o saltare direttamente i pasti, perché la salute è importante, proprio). Però non voleva farsi rovinare qualcosa dal malefico duo (che, per inciso, non è che avessero fatto chissà che cosa, ma a Stefano davano fastidio a prescindere) e quindi decise, come un vero eroe tragico, di colpire il menù con la bacchetta, ordinando le kofta b'siniyah e lo tzimmes dalla cucina Kosher di quel giorno. Che poi le cose vegetariane avrebbe potuto mangiarle senza troppi problemi, ma se la comunità ebraica dava fondi ad Abaris non vedeva perché non approfittarne.
    Giù i gomiti dal tavolo si limitò a dire, colpendo gentilmente il gomito di Damiano a sé più vicino, ed osservando il cibo che compariva di fronte ai suoi occhi.
    Peccato che i due gli avessero fatto andar via l'appetito.
    Ariafina - VIII schedaagenda
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    Dario Berti
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    Ah, le Assegnazioni dei primini, con i loro palpitanti cuori che risuonavano per la Sala Maggiore, il nervosismo e il dubbio che si specchiava nei loro occhi, il suono della giovinezza che si propagava nell'aere come un profumo di rose canine!
    Poche cose conciliavano il sonno come le Assegnazioni, specie se a svolgerle era Ebanio, che riusciva a non cambiare espressione per tutta la loro durata e settarsi su una generica noia di vivere che avrebbe gettato sull'orlo della depressione anche un lepracauno. Certo, c'era una sorta di perversa fascinazione nell'osservare il leggero fremere delle sopracciglia cespugliose o il lievissimo contrarsi della bocca in segno di disgusto, ma dopo un'ora si rischiava la crisi epilettica. Per fortuna quell'anno la tortura non era durata molto, e mente usciva dalla sala, diretto di gran carriera verso il Refettorio e le meraviglie che prometteva, incrociò il buon Ravenna, fedele compagno di bricconeria, su cui si poteva sempre contare per un po' di svago al sapore di osteria. E infatti si appropinquarono alla cena come due ubriachi diretti alla taverna, con Dario che, lesto, già si esibiva in un controcanto tenorile. Il discorso di Ebanio gli fece ringraziare tutte le madonne di aver dovuto abbandonare Strumenti al V anno, perché tormentare il preside non era nemmeno minimamente divertente quanto essere la spina nel tondeggiante fianco di Benny. L'invettiva accorata di Tiziano lo face ridere di gusto, tanto che si accompagnò con un paio di sfarfallanti manate sulla sua schiena.
    « Perbacco, mio buon compare, se proseguirai di questa lena potresti conquistare un cuore anarchico di mia conoscenza »lo informò, di buonumore « A proposito, vedi in giro i tuoi gaudenti compangni? » domandò poi, guardandosi attorno. Mentre parlava gli cadde l'occhio su un quartetto poco distante (compreso di sopracitato anarchico) che prometteva meraviglie. Si ripromise di andare a difendere la virtù del caro Stefano più in là, ma per il momento: gnocchetti.
    Ariafina - VIIIschedaagenda
    cazzate la randa!


    Edited by marcie. - 12/4/2016, 20:34
     
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