Precipitevolissimevolmente

25.9.2013, pomeriggio

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    Eppure le favole l'avevano avvertita. Chi troppo in alto va cade sovente, non esagerare, non strafare, chi troppo vuole nulla stringe. L'eroina era sempre la ragazza che tra il vestito grazioso e gli stracci di merda sceglieva gli stracci di merda perché era c0sì umile e quindi si meritava che qualcosa dall'alto le donasse tutto ciò che non aveva mai chiesto. L'eroina non era la ragazza pallida, smunta e un po' spiritata che si introduceva nella serra VI nella pausa pranzo per osservare la schiusa dei bulbi di Asperina Agliosa di nascosto. A parte che nessuna eroina che si rispetti perderebbe tempo dietro dei broccoli puzzolenti che eruttano ovetti ricoperti di mucose, osservando con fascinazione il momento in cui si aprono per far uscire un fiore dalla forma vagamente aliena. In ogni caso avrebbe dovuto aspettarselo, perché le favole parlavano chiarissimo: chiunque voglia qualcosa di più di quello che gli viene gentilmente concesso è destinato ad essere divorato da qualche bestia feroce o, in questo caso, da una pianta carnivora particolarmente ambiziosa.
    Tutto era iniziato durante la lezione della settimana precedente, quando il professore aveva accennato alla schiusa dell'Asperina, parlando del raro e affascinante fenomeno e di come i pollini prodotti dal fiore al momento della schiusa fossero un miracoloso fertilizzante per tutte le piante bulbose. Si era dilungato per un buon quarto d'ora, tra la noia di molti studenti, il divertimento di altri e il genuino interesse di pochi, ma alla fine, quando la lezione si era conclusa, un pensiero si era ormai radicato nella mente di Ortica. Voleva quel polline. Lo desiderava con un'intensità malsana. Lo bramava tanto da non dormirci la notte, rimuginare, consultare ancora e ancora i manuali e i libri, controllare le mappe astronomiche e, infine, prendere una decisione. Introdursi nelle serre (in teoria) inaccessibili agli studenti e aspettare per tre quarti d'ora, sudando, che la pianta si decidesse a sputar fuori i dannati bulbi e fissandola con un'intensità tale da farsi quasi cadere gli occhi, forse non era stata la scelta più saggia e meglio ponderata del mondo, ma non aveva scelta: Diaspro stava morendo. Eppure era stata così attenta! L'aveva innaffiato alle ore stabilite, l'aveva posizionato nel punto più luminoso della stanza, ne aveva umidificato le protuberanze con l'ovatta imbevuta di essenza di Tuberinaria e ogni venerdì pomeriggio aveva spremuto e raccolto tutto il pus. Eppure la piantina si era ammalata, gettandola nel panico e nello sconforto. L'unica luce di speranza era arrivata con la menzione di quei pollini, e a quel punto il pensiero non aveva smesso di tormentarla.
    Purtroppo, però, la sua bramosia si era rivelata fatale. Aveva fatto appena in tempo a raccogliere uno dei pistilli in una boccetta e aprire la porta per uscire, quando la stupida Tentacularia Violacea lì accanto aveva attaccato, afferrandole una gamba e strattonando. Ortica aveva emesso uno strillo udibile solo da cani e pipistrelli, iniziando a saltellare su un piede e contorcendosi come un verme all'amo, nel panico. Alla fine era riuscita ad estrarre la bacchetta e, dopo qualche tentativo, centrare la malefica pianta con un Relascio. Ansimando, si era accorta che sulla caviglia le era rimasta un'abrasione, e per un istante aveva ventilato di dare fuoco al vegetale per vendetta, ma poi, in un moto di compassione, aveva lasciato perdere. Piuttosto sarebbe dovuta uscire in fretta dalla serra, prima che un professore la beccasse! Chiuse la porta dietro di sé, controllando che fosse tutto in ordine, e si avviò verso i giardini, furtiva e colpevole come un assassino con le mani sporche di sangue.
    Iniziò a risalire tra le siepi, mano a mano riacquistando un po' di colore in viso, ma sempre con l'orribile impressione di essere osservata. Qualcosa, ai margini della sua coscienza, le urlava di fare attenzione, qualcosa che aveva a che fare con l'istinto primordiale alla sopravvivenza, qualcosa che-
    Sul viso di Ortica si dipinse un orrore simile a quello che si proverebbe vedendo i propri cari trucidati da un troll armato d'ascia. Perché quelli che procedevano saltellando per le vie ciottolate, tuffandosi tra le siepi, erano i Baccelli Balzellanti Dentati che si trovavano proprio di fianco alla maledetta tentacula. Come avevano fatto ad uscire? Erano bloccati da un incantesimo che impediva loro di muoversi... un incantesimo... annullabile con... il Relascio... che non aveva colpito la Tentacula...
    « Oddio » sfiatò in un pigolio asmatico, per poi boccheggiare. L'avrebbero espulsa. Avrebbe perso l'anno. L'avrebbero cacciata via con una L rossa di Ladra sulla schiena a segnare la sua vergogna. Non c'era scampo. Non c'era soluzione. Perché non sarebbe mai riuscita a riportarli indietro da sola, e qualcuno se ne sarebbe accorto, e sarebbe andato a dirlo a un professore e non riusciva nemmeno a pensare alle conseguenze. Cominciò a iperventilare.
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    Edited by marcie. - 15/4/2016, 00:34
     
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    Insomma Damiano quel pomeriggio aveva deciso di infrattarsi nel giardino a fumarsi quello che un babbano avrebbe chiamato spinello, non fosse che al posto della maria dentro ci avrebbe trovato delle foglie di mandragora.
    Sembrava una buona idea prima di mettersi a - ah ah - studiare, e poi drogarsi era una cosa molto sovversiva perchè vietata dal regolamento.
    Era da solo perchè un uomo ha bisogno dei suoi spazi e tutti erano molto simpatici e carini, ma ogni tanto una contemplativa fumata seguita dal fissaggio ebete di una formica per quindici minuti ci voleva.
    Quindi se ne andava felice per il giardino, tornando da un posto già da tempo collaudato per la sua solita assenza di studenti o professori.
    Avrebbe dovuto superare le serre ed era piuttosto sicuro che non avrebbe incontrato nessuno, tant'è che sul vialetto riconobbe la figura familiare dell' Ortica Vassalli.
    Vassalli come il suo bro, cosa che lo persuadeva del fatto che avrebbe dovuto avere un buon rapporto anche con la suddetta, perchè andare d'accordo con la famiglia della propria metà è importante in una relazione sana.
    No, si cancelli l'ultima parte, era ancora troppo presto per iniziare a pensare cose a caso dal dubbio potenziale ironico e con alte possibilità di fraintendimento.
    Non era certo frocio.
    La sua mente lo corresse con un 'No, non si dice. E poi tu dovresti sembrare bisessuale perchè è più cool e open mind, ti ricordi? Ma non lo diciamo, perchè le etichette fanno schifo' e lui convenne.
    « Ortica! » salutò, alzando una mano ancora un po' distante da lei.
    Il sorriso che aveva composto si fece nel giro di qualche secondo stantio e poco convinto, perchè vide movimento strani alle sue spalle e in particolare nelle siepi.
    Corrugò appena le sopracciglia, che tornarono poi distese mentre annullò la distanza rimasta.
    « Che ci fai vicino alle serre? » chiese con un tono un po' vispo « Lo sai che non ci possiamo entrare »
    Lo disse chinandosi appena con un'espressione birbante che aveva come sottitolo 'e se ci stessi per entrare sarebbe molto figo'.
    Dategli ancora una decina di secondi e forse si sarebbe pure accorto della Morte che aveva piantato il suo vessillo al centro della faccia di Ortica.
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    Edited by horror vacui. - 17/4/2016, 01:58
     
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    Era tanto presa dall'ansia e dalla disperazione che non si accorse di Damiano, (e dire che la sua era una figura piuttosto imponente), ma in quel momento tutta la sua concentrazione andava ai Baccelli che saltellavano tra ua siepe e l'altra assaporando il dolce sentore della libertà. E se avessero attaccato qualcuno? Già si vedeva un primino con la gola squarciata e gli occhi ormai spenti rivolti verso di lei in una domanda muta e disperata.
    Forse era un po' troppo morboso. Comunque Ortica non era la persona più pratica del mondo, visto che nell'arco della sua vita non aveva neanche dovuto cucinarsi un uovo al tegamino, e per lei l'idea che ad ogni problema corrispondesse una soluzione era qualcosa di molto teorico e per lo più circoscritto all'Aritmanzia. Insomma, non era proprio un inetta, ma nel panico non lavorava al meglio. Provò a passarsi una mano tra i capelli e respirare, dimenticando di avere una treccia e finendo per somigliare a un cespuglio di rovi, gli occhi vagamente spiritati.
    Allora. Doveva riacquistare la calma. Doveva trovare un modo per riacciuffare i baccelli.
    O forse sarebbe stato meglio scappare?
    L'idea la colpì, allettante. Dopotutto nessuno sapeva che fosse stata lei, né che si trovasse lì in quel momento. Sarebbe potuta tronare in dormitorio e aspettare che qualcun altro si accorgesse del problema...
    Mosse qualche passo, frastornata, verso il vialetto principale, quando d'un tratto si sentì chiamare. Il primo istinto fu quello di darsela a gambe, ma ormai era tardi. Era stata riconosciuta.
    Si voltò e, poco lontano, riconobbe la figura familiare di Malaspina. Istintivamente si sentì sollevata, e non si accore bene di stargli andando incontro finché non gli fu davanti. Pensò di riuscire a trovare una giustificazione sensata al suo essere lì, quando le sue parole la gettarono in un abisso di disperazione, e quando aprì la bocca per parlare tutto ciò che ne uscì fu:
    « I BACCELLI BALZELLANTI! »
    Ok, forse non aveva proprio riacquistato il sangue freddo. Provò di nuovo, ma ne risultò un accorato:
    « VERRO' ESPULSA! »
    No, non andava meglio. La sua faccia si accartocciò, finendo per somigliare a quella di un vecchio contadino con le rughe segnate dal sole.

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    Non è che solitamente la Vassalli piccola avesse un'espressione che parlava di serenità e giovanil freschezza, quindi Damiano non si stava aspettando niente di diverso da una risposta normale.
    Aveva quasi intenzione di rincarare la dose di simpatia con un 'pensavo che avessero estirpate l'ortica dal vialetto' e si sarebbe forse reso conto a metà frase cha stava dicendo qualcosa di scortese, ma fortunatamente l'altra lo prese totalmente in contropiede sbraitando quelle che gli sembrarono parole a caso.
    I Baccelli cosa..?
    Ortica espulsa? E perchè mai avrebbe dovuto espellerla?
    L'avrebbe presa seriamente sul personale se Ebanio avesse cacciato una come lei e continuato a ignorare platealmente tutta la sua egocentrica verve ribelle.
    « Eh...? » fu l'intelligente commento della nostra cima, che compose un'espressione confusa e vagamente divertita, come se una parte di lui stesse valutando che quello di Ortica fosse uno scherzone.
    Poi un Baccello Balzellante balzellò - giustamente - alle spalle della Vassalli, e Damiano lo fissò attraversare il vialetto e buttarsi in una siepe con l'espressione precedente fissatasi sul viso che diventava lentamente sempre più ebete.
    Quindi tornò su Ortica, cercando di unire i punti e capire cosa stesse succedendo.
    « Wow » rise giulivo senza accorgersene, in qualcosa che segnalava la totale incapacità di Damiano di valutare la serietà delle situazioni « Ma che hai fatto? »
    Ben lungi dall'aver ricostruito il quadro della situazione, la guardò con l'ilarità precedente divenuta solo un sorriso, un po' perchè l'apparizione del Baccello era stata comicamente surreale, un po' perchè Ortica sembrava seriamente sù di giri, un po' perchè era fatto.
    L'utilità che avrebbe dimostrato nella situazione corrente sprizzava da ogni poro, insomma.
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    Chiariamo che di base Ortica non era persona da piangere di fronte a qualcuno, o a piangere in generale, se poteva evitarlo. Girava voce che quando frequentava il secondo anno delle medie un professore le stesse urlando e che lei avesse trovato sensato piantarsi una matita in una gamba per evitare di cedere alle lacrime. La voce era infondata, ovviamente, perché Ortica non era completamente folle, ma insomma, era per rendere l'idea della persona.
    Questo non voleva dire che non le capitasse mai di essere sul punto di, ma siccome se le fosse mai successo di cominciare a frignare di fronte a un conoscente avrebbe seriamente considerato la dignitosa via del suicidio, aveva imparato a trattenersi. Sfortunatamente trattenersi voleva dire sfoderare una faccia da vecchia prugna, e così fece in quel momento, con gli occhi che si stringevano, le labbra che formavano una linea tracciabile col righello e le sopracciglia che si addensavano sulla fronte come nuvole prima di un temporale. In tutto questo, però, neanche un umidore d'occhi. Si sentì un po' fiera.
    « Io »iniziò, per poi fermarsi per una pausa di recupero, nel caso la sua voce avesse deciso di ballare la macarena. « Ho combinato un guaio» gracchiò.
    Sfortunatamente la concentrazione era tale da ridurre di molto la scelta di lessico, ma se Damiano avesse fatto un vago accenno alla risata Ortica avrebbe mandato in luoghi innominabili il bon ton per impiccarlo con le sue interiora.
    Ovviamente non aveva fatto minimamente caso allo stato alterato dell'altro, un po' perché (diversamente) alterata lo era anche lei, un po' perché non avrebbe saputo riconoscere una canna nemmeno se fosse stata disegnata su un volantino del Ministero per la sensibilizzazione alla piaga sociale delle droghe magiche.
    « Ho fatto scappare i Baccelli dalla serra numero sei » ammise, le parole che le uscivano di bocca a caso senza che neanche lo volesse, mentre guardava Damiano con l'aria spiritata di una banshee e gli occhi grandi e tondi come piattini da tè.
    Il suo cervello si riattivò in tempo per impedirle di andare oltre e pronunciare parole impronunciabili quali "Aiuto" o "Non so cosa fare", e per evitare di proseguire si strinse nei gomiti e serrò la bocca a chiusura stagna.
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    Damiano fissò la metamorfosi della faccia di Ortica con una sempre più pervasiva sensazione di confusione.
    Stava per piangere?
    Avrebbe pianto? Davanti a lui? Che aveva fissato una formica per quindici minuti e al momento sentiva di avere la capacità di agire in modo adeguato pari a quella di un motociclista alla sagra dei centrotavola in uncinetto?
    Gli si dilatarono gli occhi e sollevò un poco le mani come se stesse per approcciarsi ad una pozione senza ricetta, ma grazie al cielo l'espressione di Ortica divenne solo simile a quella di una maschera incartapecorita.
    Bene, non stava piangendo.
    Damiano avrebbe potuto reagire mettendosi a piangere a sua volta se fosse successo, dato che la Vassalli non era una persona con cui si sentiva in grado di fare previsioni intelligenti sull'atteggiamento giusto da assumere.
    Non che in generale ne facesse, ma va beh.
    In definitiva al momento l'altra appariva solo star cercando di farsi rotolare i bulbi oculari fuori dalle orbite e bizzarramente trovava la cosa più gestibile di un fiume di lacrime.
    « Ah » articolò con le sopracciglia ancora corrugate e guardando alle sue spalle per cercare riscontri della spiegazione ricevuta « No, ma, mica è un problema ».
    Cianciò a caso, individuando un paio di altri Baccelli alle loro spalle.
    « Adesso facciamo qualcosa » annunciò in un fallimentare tentativo di sembrare rassicurante, annuendo appena senza avere la minima idea di come fosse consigliabile agire.
    Potevano sempre scappare.
    « Ti ha vista qualcuno? » chiese dando un'occhiata intorno a sè.
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    Bene, non doveva ucciderlo, perché non aveva riso, non aveva osato supporre che stesse per piangere o altre simili aberrazioni, né aveva per ora compiuto qualunque gesto che, nella delicata posizione di Ortica, l'avrebbe fatto passare dalla lista "Persone che salverei dalle fiamme" a "Persone che guarderei bruciare".
    Anzi, sembrava suggerire che potessero fare qualcosa. "Cosa" era ben discutibile, ma nessun grande piano nasce con i dettagli già definiti. Le increspature rugose sulla faccia di Ortica si appianarono un po', visto che sì, avere qualcuno testimone della catastrofe la aiutava a riprendere il controllo della situazione.
    « Facciamo qualcosa?» domandò, titubante e sospettosa come se le avesse appena proposto un giro a nuoto nel Lago Morto « e cosa? »
    La domanda fece riapparire magicamente l'espressione da nonno inacidito, ma scrollò comunque la testa, perché era stata ben attenta a non essere vista, né mentre si introduceva nella serra né mentre scendeva lungo i giardini.
    Si trattava di una richiesta legittima, visto che i Baccelli ancora balzellavano in giro godendosi la libertà e ridendo della loro inettitudine (o almeno così sembrava a lei). Nuovi scenari distruttivi le si affacciarono alla mente, scenari in cui Damiano la denunciava all'autorità in cambio della garanzia di promozione (si vedeva che non stava ragionando lucidamente anche solo per aver messo "Damiano" e "Autorità" nella stessa frase senza aggettivare con "sporca" e "corrotta"). Nel frattempo tirò fuori la bacchetta dalla tasca della giacca, fissandola come se potesse avere tutte le risposte.
    « Suppongo che potremmo riportarli nella serra...? » buttò lì, quasi aggressiva per il mero uso di quel plurale. Non che avesse bisogno del suo aiuto. Gli stava parlando solo perché se l'era trovato lì in quel momento, non per altro. Da una parte avrebbe voluto aggiungere "Non sentirti obbligato ad aiutarmi" o quantomeno "Per favore, non dirlo a nessuno, soprattutto a mio cugino che è una volpe infida e chissà poi quando e come me lo farebbe pesare", ma siccome le parole non sarebbero uscite dalla sua bocca neanche sotto Veritaserum, si limitò a uno sguardo scuro che lanciava anatemi. Perché ognuno ha il suo modo per chiedere "per favore"
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    Quando Ortica scosse la testa, negando che qualcuno l'avesse vista, per Damiano fu scontata la conclusione successiva.
    « Perfetto allora leviamo le ten-» iniziò in contemporanea all'altra, che propose di rimetterli nella serra frantumando i suoi intenti di fuggire come un dodicenne che fa cascare la marmellata dal davanzale « -riportiamoli nella serra »
    Si corresse, continuando la frase come se stesse esattamente dicendo quello dal principio e annuendo con fare davvero poco credibile.
    Si vede che Ortica era una persona un po' più decente di lui - tipo che se fa un guaio lo risolve e non se ne frega con allegria - e non aveva voglia di fare la figura del codardo davanti a lei, o dare l'impressione che potenzialmente non sarebbe stato in grado di gestire le cose.
    Certo che avrebbe saputo risolvere la situazione senza scappare.
    Che ci voleva.
    « No probs » vocalizzò sereno, estraendo la bacchetta.
    Quindi la superò, avvicinandosi a dove si vedeva spuntare un Baccello di tanto in tanto.
    Ne individuò uno che si stava agitando in un cespuglio e gli sembrò scontato puntargli contro la bacchetta per scagliargli addosso un qualche incantesimo che lo immobilizzasse.
    Non era molto concentrato, aveva fumato e la situazione in generale lo stava distraendo.
    « Immobilus »
    O almeno questo voleva dire, ma per qualche motivo - la bocca impastata, la lingua pigra e il cervello di più - fece uscire una parola random che solo vagamente somigliava all'incantesimo.
    Di fatto il Baccello iniziò a levitare.
    Ottimo lavoro, Damiano.
    Scosse la testa con una smorfia sorpresa in faccia, tossicchiò e si risparmiò di guardare l'espressione di Ortica.
    « Immobilus! » ripetè più convinto, e questa volta funzionò.
    Stava comunque levitando, ma per lo meno era immobile a mezz'aria.
    Non restava che farlo per ogni dannato baccello e buttarli a calci nella serra, un gioco da ragazzi.
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    Damiano era un bravo ragazzo, dopotutto. Dopo tutte le volte in cui quello scemo di Malaspina aveva lamentato di essere suo consanguineo, non si aspettava davvero che provasse ad aiutarla, almeno non in modo così sollecito. Forse era un trucco. Forse si fingeva suo amico, ma in realtà non aspettava altro che vederla inciampare su una radice, o venir spruzzata dal melmopus di uno dei baccelli per metterla alla gogna e deriderla pubblicamente, spalleggiato dal perfido cugino. Entrambe le possibilità a quel punto le parevano egualmente probabili, cosa che, se Damiano avesse ascoltato i suoi pensieri, avrebbe dovuto lusingarlo non poco, perché era ben raro che Ortica prendesse in considerazione l'idea che qualcuno non fosse un farabutto millantatore infingardo.
    Lo osservò, il dubbio a deformarle penosamente la faccia, mentre mugugnava qualcosa in direzione di un baccello che era zompato gagliardo fuori da un cespuglio. Dopo qualche mugugnio, però, il suddetto baccello si bloccò sospeso nell'aere, e Ortica lo fissò come fosse stato Lazzaro redivivo.
    « Che cosa hai fatto! » sfiatò, il punto di domanda stiracchiato dall'esclamazione. Si avvicinò a gran passi, ma anche da vicino la scena rimaneva invariata: il baccello fluttuava lievemente nel vuoto, le propaggini simili a gambette bitorzolute allungate in quello che la sua vecchia maestra di danza avrebbe giudicato come un impeccabile grand jeté. Guardò alternativamente Damiano e il baccello con un espressione di orrore misto a una certa ammirazione - perché quell'incantesimo le era del tutto nuovo.
    « E adesso? » domandò poi, chiedendosi se sarebbe bastato cogliere il baccello come un frutto da un albero e infilarlo in un sacco. Non osò alzare una mano per toccarlo, fosse mai che l'ipotesi del melmopus si rivelasse esatta e quello non fosse altro che un brillante scherzone.
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